Guardare con il cuore

E’ una calda mattina di settembre a Napoli. E’ domenica, una domenica “ecologica”, ossia una di quelle domeniche in cui l’automobilista incallito, nel migliore dei casi, resta chiuso tra le pareti domestiche a torturarsi e a maledire le autorità per il blocco della circolazione dei veicoli o, nel peggiore dei casi, sfida il divieto confidando nell’assenza o carenza di controlli oppure sbottando nel classico “Tanto io la multa non la pago!”. Ma queste sono solo divagazioni.

Sono le 10 ed io mi godo lo spettacolo di via Caracciolo priva di auto e, a quest’ora, ancora non eccessivamente affollata. Mi passano davanti ciclisti e pattinatori di ogni età, tranquilli, felici…. Raggiungo una panchina libera e mi siedo. Di fronte il mare calmo e azzurro e reso luccicoso da un sole settembrino sempre più caldo. Alzo gli occhi e guardo il cielo nascosto tra le foglie dei grossi alberi che sono a guardia della Villa Comunale, ritagli di cielo di un azzurro carico e via via che lo sguardo si abbassa verso il mare quell’azzurro diventa più chiaro fino a confondersi con la linea dell’orizzonte dove il colore del cielo si mescola con il colore del mare. E su questa linea quasi inesistente si sdraiano l’isola di Capri e la penisola sorrentina, e, scorrendo lo sguardo verso sinistra, maestosamente bello il Vesuvio, “ ‘a Muntagne” , la Montagna il simbolo che identifica Napoli e forse anche perché, riflettendo, la sua silhouette è una grossa “N” scritta in corsivo, appunto “N” come Napoli.

Sto bene così, mi sento sereno. Mi appoggio rilassato allo schienale della panca, chiudo gli occhi e inspiro profondamente. Mi inebria l’odore del mare mentre ascolto nitido il verso dei gabbiani che volteggiano e planano sul mare, mi diverte ascoltare il trillo dei campanelli delle biciclette che mi passano davanti o il rumore ovattato delle ruote dei pattini che scorrono sull’asfalto. E le voci, le voci della gente, le voci che non siamo più abituati ad ascoltare, frammenti di frasi, risate, richiami, pianto di bimbi, un caos di suoni umani, segnali inconfondibili di un mondo ancora vivo. Improvvisamente un suono diverso, normalmente accettato ma in questo contesto stonato: un telefonino. Fortunatamente è breve ma fastidioso. Apro gli occhi.

Apro gli occhi nel momento stesso che mi passa davanti una coppia un po’ avanti negli anni: Lei un poco più bassa di Lui, sotto braccio, a sostenerlo e quasi a guidarlo; Lui impettito e obbediente la segue aiutandosi con un bastone. Si fermano leggermente più avanti di me dandomi le spalle. Lui indica il mare sollevando leggermente il bastone e dice: “ Marì cu’ chist’addore ‘e mare ca se sente sarrà nu spettacolo n’è overo?” (Maria con quest’odore di mare che si sente sarà uno spettacolo non è vero?). E lei paziente comincia a descrivere ciò che vede con gli occhi e ciò che vede con il cuore e raccontando indica teneramente con la mano la realtà e il sogno. E lui ascolta, in silenzio, guardando avanti e assecondando con il movimento della testa il racconto e la mano di lei, e nel racconto si muovono barche di pescatori e navi lontane. Alla fine la descrizione finisce e con la stessa tenerezza profusa nel racconto lei dice: “Mò Artu’ ce ne turnammo a casa. Se sta facenno tardi. Jammo, chianu chiano” (Adesso Arturo (?) ce ne torniamo a casa. Si sta facendo tardi. Sù piano piano) e si voltano per tornare indietro. L’uomo è cieco, ma la sua espressione è quella di un uomo soddisfatto e felice. Un nodo mi prende la gola e chiudo gli occhi. Per un attimo nel mio buio rivive il racconto della donna popolato da pescatori e da navi lontane. Anch’io per un attimo vedo con gli occhi del cuore. Riapro gli occhi con pigrizia, la luce sembra più acuta e lentamente ricompare la Napoli di sempre, bella ugualmente ma meno calda, meno accattivante ed è la stessa Napoli di stamattina, quella che mi inebriava di profumi e colori. Maria e Arturo sono scomparsi, forse hanno deviato per i viali della Villa o forse sono tornati nei viali della mia fantasia, comparsi solo per ricordarmi quanto sarebbe bello permettere agli occhi di guardare ciò che vorrebbe guardare il cuore.

Fisso ancora in silenzio lo spettacolo che mi sta davanti e penso……penso….

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9 thoughts on “Guardare con il cuore”

  1. Maritè

    Il nodo alla gola è venuto anche a me…
    Scrivi benissimo. 🙂

    • armando

      Grazie Maritè!

  2. Aliny

    Lei sa ascoltare e vedere con l´anima.

  3. armando

    Grazie Aliny! Vedo che comunque comprendi bene l’italiano, Complimenti!

  4. Aliny

    …il mare sta gioccando con la sabbia… si stanno amando…. Maria e Arturo si stanno amando.

    • Armando Mancini

      ….si può essere…. Maria e Arturo sono scesi in riva al mare… lì dove il mare sta giocando con la sabbia… si stanno amando…. Maria e Arturo si stanno amando.

      Brava, sei riuscita a tenere gli occhi chiusi più di me!

  5. Aliny

    …il mare con suo movimento, a volte tenero… a volte appassionato, li fá
    l´amore alla sabbia…. quando María teneramente descrive a Arturo ció che vede con gli occhi del cuore li fá l´amore

    • Armando Mancini

      ….si è vero… tutto si svolge in mome dell’Amore….quello con la A maiuscola…. il mare ama carezzando la sabbia e Maria ama Arturo con la sua voce e il suo racconto….

  6. Aliny

    … anche tu… ami quando fai racconti

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